Nuova Kawasaki Z650 sempre più performante e bella
Quarant’anni e non sentirli. La serie Z di Akashi è sempre stata sinonimo di divertimento, passione, adrenalina. È quel brivido che cavalca il presente, senza rinnegare però il passato. Sarà per questo che a Huelva, nel sud della Spagna, nella Hall dell’Hotel, vicino alla nuova Z650, sfilano in bella mostra la sua antesignana del 1976 e la ER6N. Il cursus honorum insomma, la vecchia generazione che ha portato all’ultima arrivata. Già perché la Z650 è il ricongiungimento, l’anello finale di questo percorso. La Z apre di nuovo i suoi orizzonti. Ed ora diventa alla portata di tutti. Nel tavolo da poker delle moto facili, delle entry level di media cilindrata, Kawasaki rilancia. Una ER6N con un nuovo vestito? Non proprio.
Winter is coming verrebbe da dire. Anche in questa zona sperduta del sud della Spagna. Umidità, nebbia. C’è tutto quello che non vorresti vedere aprendo la finestra al mattino per andare in moto. Temperatura stimata? 5°. Le Z650 ci attendono. E ti colpiscono comunque per la cura di una moto entry level.
Il design, lo stile, la componenstistica sono da premiare in fatto di qualità ed ergonomia. Prima dentro e si va. Primo tratto di trasferimento come tante volte. Utile per prendere confidenza con il mezzo prima di metterlo alla frusta. La posizione in sella sembra leggermente costretta, così come la triangolazione. Pedane piuttosto raccolte, manubrio con un angolo abbastanza pronunciato. La Z650 vuole dar bene l’idea di un felino pronto a scattare. Missione riuscita in effetti.
La sensazione però è che questa sella, passati un centinaio di chilometri, ci farà un po’ soffrire. Sensazione accentuata anche dalle vibrazioni che giungono copiose dal bicilindrico. Il 649 di Akashi promette bene, anche se un piccolo on-off alla prima apertura del gas parzializzato rende un poco fastidiose le rotonde che stiamo percorrendo. Però la sensazione è che il tiro sia veramente corposo, bello pieno dai 3000 giri.
Domande si, ma le risposte? Non tardano ad arrivare. Saliamo per la Palma del Condado, sulla HU-4103, dove c’è un tratto misto di montagna medio veloce. Bello, molto bello. Sale molto, tanto che ci lasciamo la nebbia sotto i piedi. Curve ad ampio raggio intervallate anche da rettilinei prima in piena campagna andalusa, poi di montagna vera. Peccato solo per l’asfalto umido in alcuni tratti. Che il grip in certi punti non sia il migliore del mondo me lo ricorda immediatamente il posteriore che decide di partire per la tangente un paio di volte. Ma come si fa a non lasciarsi andare subito dopo? Con il sole il gioco cambia, ed è evidente che si entra nel mondo della Z qui.
E questa entry level fa di tutto per mettersi a disposizione. Il motore gira fluido e forte subito dopo i 3000 giri, per arrivare a cambiare intorno agli 8000. Inutile andare oltre. Gas in mano – piuttosto diretto, un poco lungo nella sua escursione – si inizia ad affrontare questo toboga. Terza, quarta, quinta, il bicilindrico di Akashi tira bene e, con la rapportatura del cambio risulta veramente elastico.
Un punto in più per la frizione che lavora benissimo anche in staccata. La Z650 è un gioco tra le mani: Puoi lasciarla scorrere anche con una marcia “di troppo” che lei ti perdona e riprende bene i giri. Si muove molto, sopratutto in fase di frenata, ma è la sua indole, non puoi pretendere di più. Ti trasmette le sensazioni chiaramente. La forcella sostiene il giusto anche quando si entra in maniera più forzata con i freni in mano, ma comunque offre quella sensazione di appoggio che da sicurezza. Certo, affonda molto nella prima fase per poi smorzare progressivamente. Te ne accorgi ogni volta che pinzi deciso.
Già perchè i freni sono un qualcosa di sovradimensionato – passatemi il termine – rispetto alla moto. Il che non guasta mai, sopratutto se si parla di impianto frenante coadiuvato da un ABS che lavora bene, senza farsi notare troppo. E’ una moto che mi diverte, sopratutto senza affaticare psicologicamente e men che meno fisicamente. Va esattamente dove la vuoi portare, si inserisce senza sussulti ed è una vera libellula nei cambi di direzione. Forse non la più veloce della categoria nei cambi di direzione si, ma ha il giusto compromesso tra stabilità e fluidità.
Certo, quando il ritmo si alza e la mettiamo alla frusta, l’equilibrio in fase di staccata tende ad andare un poco in crisi. Ma il bello di questa moto è che te la senti bene in mano. Puoi giocarci e farla andare dove vuoi. E’ sincera: ti mostra i suoi limiti di una moto entry level, ma al contempo sai benissimo che per muovere i primi passi sulle due ruote, la Z650 è davvero un gran bel mezzo.
Quarant’anni e non sentirli dicevamo. Ed in effetti questo è un po’ il leit motiv di questa moto. Perchè dalla Z del 1976 a quella odierna, l’idea alla base risulta sempre quella: moto di media cilindrata, leggera, potente il giusto e divertente. E lo noti comunque il suo animo a partire proprio dallo stile: quel corso stilistico chiamato Sugomi che abbiamo già avuto modo di vedere nelle sorelle maggiori e che riprende anche ora i suoi dettami.
Cupolino inglobato con il gruppo ottico decisamente appuntito, un serbatoio pronunciato con linee tese e nette, quasi a banana nella sua forma, plastiche contenitive per “chiudere e coprire” gli spazi, ed un codino che mira proprio verso l’alto. Oltretutto, bisogna sottolineare anche il telaio in traliccio. Ha personalità e carattere con quel verde Kawasaki, oltre alla tecnica – sia chiaro – che riprende la sua filosofia da quel mostro che si chiama H2.